venerdì 29 gennaio 2010

RACCONTINI TELEFONICI 2

COSÌ VICINI COSÌ LONTANI di Anna Profumo

Spegne la luce e accosta la porta, lui dorme. Prende il cordless, si avvia in salotto. Spegne tutte le luci tranne la piantana accanto al divano, toglie le scarpe, si accomoda sui cuscini e chiama.
«Bianca, finalmente»
«Dorme. Finito la riunione?»
«Sono in macchina, tra mezz’ora arrivo a casa»
«Solo mezz’ora. Rallenta dai»
«Bianca. Come devo fare con te: sono già le 22,00»
«Sentire la tua voce mi fa' stare bene. Mi sembra di averti ancora qui con me»
«Ma io sono con te. Non sei contenta di me? Lo dicevi anche tu: le tue amiche mi trovano un bell’uomo, un uomo di successo. Dicevi che ci ha invitato quella che ha il marito dirigente, quella con la villa e la piscina in toscana»
« Non sono le mie amiche, sono le mie colleghe. Si, è vero ti trovano un bell’uomo e molto piacevole. Renata mi ha detto di farle sapere quando sei libero, pensa che andrai molto d’accordo con il marito e di poter passare un bel weekend con noi»
«Visto, sei tu che ti fai tanti problemi»
«E’perché, non ti riconosco più.»
«Cara, finalmente si sono accorti di me. Mi stanno affidando lavori prestigiosi. Il capo in persona mi ha detto che mi terrà in considerazione per una promozione: “talenti come il suo vanno valorizzati, mi ha detto”. Non sono mai stato meglio, vedo tutto positivo.»
«Sai come la penso. Sono felice per come ti senti ora, vederti sereno è l’unica cosa che mi fa desiderare di salvare il matrimonio.»
«Salvare il matrimonio, esagerata. Il nostro matrimonio non è in crisi, devi abituarti al cambiamento questo è naturale»
«Tu lo chiami naturale? hai cominciato con la palestra - e và bene, il tuo fisico mi piace molto di più. L’abbigliamento, cercare un immagine nuova posso accettarlo. Hai parlato di stirare le rughe degli occhi – e sai che non ti seguivo più – è uscito di casa Yul Brinner e sei tornato Elvis Presley –neanche il tuo odore è più lo stesso, con quelle cose che prendi per mantenere il tono muscolare.
«Sono al semaforo della statale. Pensi che possa bastare?»
«Dimmi che mi vuoi bene»
«Ti voglio bene. Mi fai entrare nel tuo letto o dormo anche oggi sul divano?»
«Ricordati di non accendere la luce»



INTERFERENZE di Naima

«Elena, scusami, non c'era campo... Amore, parto adesso da Ginevra, tra circa un'ora sarò a Fiumicino, ritiro l'auto ed in mezz'ora sarò da te, quasi puntuale per la nostra cenetta».
«Andrea, non ti scapicollare, non è che tenga poi tanto a 'sta cena. Oramai non riusciamo più a vederci: ogni volta c'è un ritardo, un imprevisto, perdi una coincidenza aerea dopo l'altra».
Soffoca un tono di voce isterico mentre allaccia l'abito.
«Tesoro, lo sai, con le nuove misure di sicurezza non c'è più un volo che parta in orario: viaggiare è diventata un'avventura...»
Fa un cenno di saluto alla donna con la quale è appena stato a Parigi.
«Ma con quale Compagnia stai viaggiando?». Si osserva compiaciuta allo specchio. «Non mi sembra ci siano voli da Ginevra, a quest'ora!»
«Elena... non ti sento più... Elena...»
Click.

«Amore, l'aereo è partito con quasi un'ora di ritardo ma ora sono a Roma, sto arrivando». La trova comprensiva fino alla stupidità.
«Puoi arrivare pure domani... Non ci ho creduto neppure un attimo...»
Si passa il rossetto sulle labbra.
«Ma cosa dici? Aspettami a braccia aperte, tra un po' staremo finalmente insieme»
«Mmm... E la tua amichetta ti lascia venire?...»
«Non ti sento... amore... non c'è campo... Elena?»
Click.

Sospira esasperata. Ancora un tocco di mascara. Mentre raccoglie le ultime cose, legge in fretta un SMS e sorride. Esce di corsa. In ascensore si accorge di provare ansia: “Quasi come al primo appuntamento” pensa.

Quando Andrea non riesce ad aprire la porta di casa prova un brivido lungo la schiena. Impreca, mentre tiene incollato il dito sul campanello.
Gli squilla il telefonino: sul display appare il nome “Elena”. Risponde nervoso, il rumore di fondo è stranamente familiare...
«Dove diavolo sei?!»
«Amoooore, sto partendo per Praga».
Bacia l'uomo che l'ha raggiunta in aeroporto, valigia alla mano.
«Ma sei impazzita?! Torna subito a casa!»
Il silenzio...
«Vengo a prenderti! Anzi, sai cosa faccio? Ti raggiungo! Non ho molto tempo ma staremo almeno un bel week-end insieme e, vedrai, ti passerà tutto. Vuoi?»
«Pronto?... caro non ti sento... ci sono interferenze...»
Click.




RECLAMO AL 999 di Daniela Rindi

Spett. le Ciel& Ter
Responsabile uff. Clienti
Più volte ho composto il 999, servizio gratuito, per avere delucidazioni circa il mio decesso, come da Vs. comunicazione sul mio cellulare. Avendo ancora regolarmente attivo il mio contratto ho pensato ad un disguido. Ho iniziato a percorrere una rete diabolica di collegamenti registrati, ascoltando attentamente una voce metallica che mi comandava di digitare: 1 guasti, 2 internet, 3 pubblicità, 4 offerte, 5 pagamenti, 6 videofonini spaziali, 7 imponderabili, 8 attivazioni, 9 tornare al menù. Sono andata ovviamente a caso nella speranza di giungere alla meta. Dopo tanto vagare di girone in girone, sono riuscita ad ascoltare queste sante parole: “ per parlare con un nostro operatore rimanere in attesa”. Io ci sono rimasta in attesa, anche per una buona mezz’ora, come un cane affamato deciso a non mollare il suo osso, ma appena l’operatore ha risposto è caduta la linea! Ho pazientemente ripetuto tutte le sequenze numeriche più volte, per tentare di rimettermi in contatto, infine sono riuscita a parlare con un altro operatore. Ho provato a spiegargli il problema, ha fatto qualche sommaria ricerca, poi non riuscendo a darmi motivazione ha riattaccato. Adesso vorrei fare ufficiale reclamo circa l’inefficienza di questo servizio, atto solo a depistare il cliente, disorientarlo e ad approfittare del suo tempo. Io non ho nessuna intenzione di lasciare questo mondo a causa di un vostro disservizio. Rimetto inoltre all’attenzione del Direttore Generale l’assoluta mancanza di professionalità di taluni addetti ai lavori e della loro educazione, che invece di rubare lo stipendio dovrebbero andare all’inferno! Nella speranza di una veloce risoluzione del problema e di contribuire al miglioramento di questo servizio, porgo i miei distinti saluti.

SONDAGGIO

archiviamo con soddisfazione - io credo - la puntata tripartita al maschile e apprestiamoci a gustare quella al femminile. a codesto punto è d'uopo porsi la questione: riproporre o no l'esperimento e cioè preparare altre puntate a più voci?
io direi di si.
palla al centro

sabato 23 gennaio 2010

RACCONTINI TELEFONICI


LA TELEFONATA di Andrea Coffami e Angelo Zabaglio

“Ma lei sta scherzando vero? Lo vendo a Rai2 almeno al doppio, arrivederci”.
E terminata la frase Luigi non diede nemmeno il tempo di rispondere ed abbassò la cornetta del telefono. Nessuno richiamò. Passò un minuto ed il telefono ancora non trillava. Luigi era con lo sguardo fisso verso il telefono, in attesa che iniziasse a suonare. Trascorsero dieci minuti abbondanti quando la cornetta prese ad illuminarsi palpitando un trillo. Al terzo rispose: “Pronto – disse Luigi freddamente - ... Luisa scusa sto lavorando devo avere il telefono libero, ti richiamo dopo” e non finì la frase che già aveva posato la cornetta. Il telefono prese a suonare di nuovo, dopo neanche un paio di secondi.

“Le possiamo offrire 60.000 euro”
“90.000 o non se ne fa nulla! Ma con chi credete di avere a che fare?”
“Lei mi assicura che il video è nitido e ben chiaro?”
“Certo, ero al balcone del mio quarto piano, l'elicottero è ben visibile e dava già segni di squilibrio. Quando sono al balcone mi piace fare riprese della gente o fotografie, allora ho subito afferrato la mia digitale ed ho ripreso l'elicottero. Dopo qualche secondo l'ho visto schiantarsi in terra”
“Dobbiamo prima visionarlo integralmente”
“Le posso mandare dei fotogrammi dell'impatto”
“Venga subito da noi in ufficio... la nostra ultima offerta è di 75.000 euro”

Luigi coprì il microfono della cornetta e spalancò la bocca in un urlo silenzioso di gioia, poi rispose con voce placata: “Va bene, andranno bene 75.000 euro. Vi raggiungo immediatamente”. Il ragazzo posò il telefono che prese a suonare di nuovo, era sua sorella. “Luisa ho una notiziona! Ho appena guadagnato 75.000 euro! 75.000 euro! Mi ci pago l'affitto per dieci anni...”. La voce della sorella minore era rotta dal pianto, Luigi pensò all'emozione della vincita. Il ragazzo capì che quel singhiozzo era dovuto ad altro. “Luigi... è morto papà. Gli è caduto addosso un elicottero mentre camminava in strada, vieni qui da noi. Vieni subito”. Luigi perse per qualche secondo lo sguardo sulla scrivania. “Va bene, vengo immediatamente”.
Poi dopo una seconda breve pausa continuò: “Arrivo, ma prima devo andare in un posto”. E posò la cornetta.


PUBBLICITA' di Aldo Ardetti

Il sole al tramonto disegnava una striscia rossa sul mare…
Suonò il telefono.
Sì!
Buongiorno, la ditta Vinbello offre in promozione…
No guardi, non mi interessa…
Ma è solo per questo periodo, una confezione di…
Le ho detto che non mi interessa. Buongiorno.
Clik.
Il sole al tramonto disegnava una striscia rossa sul mare quando Luigi e Francesca, mano nella mano..
Risuonò il telefono.
Potrò pensare alla conclusione di questo racconto per il giornale? Prooonto!
Buongiorno signore è la Adsl SpA che le offre velocità di navigazione e canone… molto lento.
No, non mi interessa. In questo momento ho altro a cui pensare.
E’ una promozione che non si può non accettare. Le costerà solo…
Le ho detto che non mi interessa. Non mi faccia diventare maleducato…
Riattaccarono.
Il sole al tramonto disegnava una striscia rossa sul mare quando Luigi e Francesca, mano nella mano, passeggiavano sulla riva, guardandosi negli occhi innamorati…
L’apparecchio risuonò.
Se continua così, ‘sti due quando li faccio… Prooonto!
Signore c’è una proposta interessante per lei…
E quale sarebbe?Avanti, sentiamo!
Se è d’accordo, verrà una nostra collaboratrice in casa per una dimostrazione…
No, no, lasci perdere. Non mi occorre nulla!
E’ un prodotto che sta ottenendo molto successo, rappresenta una vera occasione e…
Le credo, ma in questo momento non mi occorre nulla.
In futuro, la possiamo ricontattare?
Come volete.
Dall’altra parte riattaccarono.
Dovrò togliere il telefono o cambiare numero.
Il sole al tramonto disegnava una striscia rossa sul mare quando Luigi e Francesca, mano nella mano, passeggiavano sulla riva, guardandosi negli occhi innamorati… Vicino al mare mi sento un poeta, disse Luigi mentre prendeva tra le mani il viso di Francesca per baciarla appassionatamente. Dopo la fece sdraiare sulla sabbia, in un riparo che la burrasca aveva scavato.
Finalmente!


TATTOO di BdM

-Pronto?
-Che voce. Dormito niente, eh? Racconta, voglio tutti i particolari.
-Ma che ore sono?
-Tardi. Ero sicura che era il tuo tipo. Ho visto come vi guardavate. Adesso voglio ogni dettaglio, me lo devi.
-Non ricordo tutto. Al pub abbiamo parlato, niente di importante, ma la voce, lo sguardo…
-Si, ma dopo siete andati da lui?
-Da me.
-Eh! Lo sapevo, fai la santa ma quando hai l’occasione… Racconta su!
-Avevi ragione. Sintonia totale tra noi, completamente presi l’uno dall’altra. Quasi subito abbiamo cominciato a fare l’amore, però…
-Però…?
-Non riuscivo a lasciarmi andare. Lo volevo da impazzire, ma continuavo a fissare tutti quei tatuaggi che aveva sulla pelle.
-E lui?
-Sorridendo dolcemente mi ha raccontato che anni fa conobbe una ragazza in un paese straniero in piena guerra civile. Un giorno lei lo prese per mano e lo portò a vedere un miracolo, così aveva detto. Una casa di campagna bombardata in cui un unico muro era rimasto integro. Era pieno di nomi, date e disegni di vario tipo che formavano un insieme complicato e affascinante. Gli spiegò che le donne anziane della famiglia segnavano lì l’altezza dei bambini della famiglia. Col tempo avevano sentito il bisogno di codificare anche altro. Era nato così quell’alfabeto grafico raffinato e rigoroso che raccontava ogni evento, matrimoni, nascite, morti ma anche sogni, speranze, dissidi. Tutta la vita e tutti i segreti di quella famiglia.
-E lui?
-Affascinato, decise che avrebbe fatto lo stesso. Il suo muro sarebbe stata la sua pelle. Ogni evento, ogni sogno, ogni segreto lo ha scritto lì. Così ho chiesto il significato di un tatuaggio e lui mi ha raccontato una storia, poi un altro e così via.
-Gli hai chiesto se ne avrebbe fatto uno anche per te?
-Si.
-E lui?
-Ha sorriso e…
-E…
-E poi abbiamo fatto l’amore fino ad un quarto d’ora fa. Ora è sotto la doccia. Ciao

domenica 17 gennaio 2010

LA MOSTRA di Anna Profumo

Si è perduta ancora, contava sull’intuito ed ha cominciato a camminare nella direzione opposta. In questi casi avvisare è fondamentale, fruga nella borsa cercando il telefonino. Persone le camminano accanto, macchine sfilano veloci e autobus si susseguono, non è più abituata al traffico di una grande città. Poche informazioni e riparte. Rallenta il passo mentre alza il braccio per salutare. Un uomo si stacca dal gruppo e le và incontro. Sorridono e parlano avvicinandosi agli altri.
«Buongiorno». Il gruppo risponde con un cenno del capo. Ascoltano lui.
«Lei è Anna». Poi si rivolge a lei, «Erano tutti curiosi di conoscerti. Ti presento Diego, Mattia e Sara».
«Il piacere è mio ragazzi, non vedo l’ora di cominciare».
La galleria ha una grande sala ovale al primo piano, il gruppetto si inoltra chiacchierando sottovoce, percorre l’ampia scala marmorea a lato della biglietteria e raggiunge la sala centrale dove numerosi scatoloni sono diligentemente sistemati a centro stanza.
Anna la percorre in silenzio, comincia a misurarne la grandezza con i passi, mentre scruta altezza e lunghezza delle pareti utili all’esposizione, valuta la luce artificiale delle lampade.
Gli altri hanno cominciato ad aprire gli imballi dei pezzi che comporranno la mostra.
L’uomo e la donna a fine giornata, restano soli.
«Anna, vieni a vedere, di questo non trovo la scheda autore».
«Ah! Si. Non lo troverai, non esiste autore. Quella foto l’ho scattata io»
«E’ bellissima, non sapevo fotografassi»
«Non fotografo infatti, si è trattato di un colpo di fortuna».
«Dove pensi di metterla? Starebbe bene in apertura».
«Non ho ancora deciso. Dici che è bella?». La donna prende la foto e la guarda assorta, passano alcuni minuti ed è ancora li. L’uomo cerca di immaginare dove sia stata scattata. Quando sembra deciso a chiederlo, lei si ridesta. Appoggia l’immagine agli scatoloni in maniera che si veda e si allontana di alcuni passi, si gira, la osserva.
«Dove l’hai scattata?»
«Cagliari, quella donna mi ha fatto salire sull’ultimo aereo partito pochi minuti prima che la piena si portasse via tutto».
«Ti riferisci all’alluvione del 2008?».

«Lei sapeva quello che stava per accadere, ma non ha fatto trasparire nulla. Tutti noi eravamo tranquillizzati dalla sua calma. Quando le ho chiesto di cambiare destinazione - il mio appuntamento a Torino era saltato – mi ha detto di seguirla».
«L’hai seguita?»
«Ho seguito lei e la guardia dell’aeroporto che la accompagnava. Siamo andate in un'altra stanza, all’unico terminale ancora in funzione. Eravamo solo noi, ha cominciato a digitare, l’unico cedimento quando la tastiera non ha risposto»
«Cosa ha fatto?»
«Ha cominciato a pigiare sui tasti a due mani dicendo: “Se solo questo coso funzionasse”. I suoi capelli neri, dritti seguivano il movimento scomposto del capo che andava su e giù».
«Potevi andare a Torino»
«Sarebbe partito un ora dopo, Roma partiva subito. Ci siamo guardate, ha preso il biglietto che avevo in mano barrato Torino, scritto Roma e siglato. Quella sigla è stato il mio pass, dieci minuti dopo ero su un aereo seduta al posto di una hostess».
«Anna, stai bene?»
«Non so neanche io come ho fatto a scattare questa foto, mi ha guidato l’istinto». La donna guarda l’immagine. Poi si gira, «Ho fame, tu no?».

Qualche giorno dopo, ore 19,00. Vernissage della mostra. Nella sala ovale Anna e gli altri sono accompagnati da una piccola folla. Terminata la presentazione cominciano a disperdersi per osservare le opere alle pareti. La foto con un volto di donna girato a tre quarti chiude la mostra, Anna si sofferma ancora qualche minuto a studiarla poi si avvia per le scale ed esce in strada, si gira a guardare il banner pubblicitario fuori della galleria, si legge grande: “Anni Zero”, di taglio appare ancora una volta il volto di quella donna. La osserva, sorride respira a fondo e si immerge nuovamente nel traffico.

giovedì 7 gennaio 2010

INCONTRI MISTERIOSI di Aldo Ardetti


A chiunque può accadere qualsiasi cosa in qualsiasi tempo e luogo. Così pensava Alberto mentre esumava incontri alquanto singolari. Ricordava le cose di ieri mentre cercava di vivere al meglio quelle del giorno e pensava a quelle del domani. Nella sua mente c’era sempre un bel traffico.
Come ogni mattina stava raggiungendo la stazione ferroviaria quando la notte non é ormai più notte e il giorno non é ancora proprio giorno.
Era una liberazione, terminato il lavoro, passare il badge ai tornelli per andare a respirare il fresco dell’aria dopo la pioviggine e che aveva ucciso un po’ di inquinamento atmosferico. Amava quell’aria “friccicarella” diceva, usando lo slang della città dove dirigeva il suo ufficio.
Tornava a casa sulla stessa carrozza del solito treno. Percorse tutto il vagone quando la vide seduta nell’ultimo sedile orientato in posizione contraria al senso di marcia. Era intenta a leggere uno di quei giornali distribuiti gratuitamente nelle stazioni ferroviarie metropolitane che offrono una informazione minima e pure sommaria. Al suo passare alzò per un attimo la testa e quel viso lo paralizzò. Iniziò a sentire il proprio respiro. Somigliava alla donna che ammirava di più, Monica Bellucci. Per lei invidiava e non poteva soffrire quel Cassel che godeva di cotanta femminilità. Andò in confusione come non accadeva dall’età dei facili innamoramenti. La cosa finì lì: quante persone si incontrano nella vita di un pendolare.
L'aria era umida ma non fredda e quasi sudava con il peso della cartella imbottita di carte. Nel mare di auto, Alberto doveva ricordare dove aveva parcheggiato; ripeteva il rito quotidiano con le piccole manie gestuali accompagnate da parole pronunciate a bassa voce più o meno volgari: scappatoia da situazioni di insicurezza.
Doveva affrontare la solita dozzina di chilometri, scanditi da una decina di semafori, per raggiungere la città. Al primo incrocio si trovò davanti una piccola utilitaria con al volante la donna del treno. Scattò il verde e ripartirono in sincronia ma, percorse alcune centinaia di metri, l’utilitaria accostò a destra approfittando di una piazzola di sosta. La donna aveva un’aria di attesa come per vedere quali sarebbero stati gli sviluppi di intenzioni che solo lei aveva immaginato. Alberto capì subito che quella manovra era stata decisa come conseguenza di un equivoco, di un malinteso. Non volle farci caso e tirò diritto ripromettendosi di verificare il giorno successivo se fossero sue supposizioni o si presentava, senza accelerazioni di giudizio, l’atteggiamento di chi soffre di manie di persecuzione.
Passò un giorno.
Nella carrozza 3 dell'InterCity la donna non passò. Forse si era fermata a fare straordinario o a recuperare il ritardo del mattino. Alberto dedusse che in certe situazioni si può diventare molto curiosi, sentirsi perfino degli investigatori mentre cominciava a prendere coscienza che stavano emergendo intenzioni decisamente interessate. Scese dal treno dopo essersi svegliato per tempo e si diresse verso il parcheggio. La macchina filò lenta e silenziosa verso il solito primo semaforo del primo incrocio. Era lì la piccola autovettura con alla guida la chioma corvina e quel viso stanco e bello. Una sigaretta tra le dite della mano che sporgeva dal finestrino. Lungo il percorso la donna cercò di farsi sorpassare rallentando più volte la corsa, ma non riuscì come era accaduto altre volte. Alberto decise – per gioco e per ripicca – di non abboccare all'invito. Fu una vittoria di Pirro perché al primo quartiere, a nord della città, l'utilitaria si inoltrò per una stradina laterale restando a controllare il passaggio della macchina... inseguitrice che percorreva quella strada ormai da più di vent’anni. Questo avrebbe voluto dirle: «E’ un quarto di secolo che faccio ‘sta strada. Cosa pensi, cosa ti è saltato in mente…?». Perché quella donna si sentiva seguita? quali paure l’avevano aggredita? E con queste domande – e senza pensare ad altro – continuò per tutto il tragitto del rientro a casa.
Qualche volta l’aveva vista sorridere di nascosto, quando era lei a fare sorprese nell’affiancarlo agli stop. Gli dispiaceva che la donna si preoccupasse inutilmente e che la cosa potesse prendere una piega pericolosa se esisteva una qualche patologia, come era stato suggerito da un amico psicologo con il quale si era confidato.
«Non fermarla per chiederle spiegazioni. Potresti peggiorare la situazione».
«Non la capisco o non capisco le donne» ripeteva un Alberto smarrito. Fermarla non se ne parlava proprio; era meglio non esporsi a reazioni antipatiche, a pubbliche scenate.
«Potresti peggiorare la situazione», il consiglio che gli riecheggiava nelle orecchie. Si era imposto, infine, di non preoccuparsi più di tanto: non era lui il problema, non si comportava come un corteggiatore asfissiante, anzi. Continuava a chiedersi cosa c'era oltre il corpo di quella donna, quali storie vi erano nascoste, che vita vi era prigioniera.
Questa storia gliene fece ricordare un’altra.

Accadde durante un viaggio in Sicilia, sul treno che collega Messina con Palermo. Un treno vuoto – su quella lunga tratta – quando salì da una stazione intermedia. Percorse diverse carrozze per fermarsi in uno scompartimento dove sedeva una anziana donna vestita di trine e merletti. Sul magro collo una collana di perle come quelle che si vedono nei quadri dei ritratti di nobili e reali. Aveva una postura austera, quasi solenne, un aspetto gattopardesco. Il personaggio creò qualche imbarazzo ma il giovane aveva preferito egualmente sedersi nell'unico scompartimento abitato. Erano seduti l’uno di fronte all’altra, vicino al finestrino. Ci furono malcelate occhiate scrutatrici. Il viaggio era lungo e ci fu il tempo per passare alle presentazioni e poi ad una segmentata conversazione. L’anziana signora, con un interlocutore così giovane, andò oltre le domande formali e concludendo profetizzò: «Incontrerai la tua fortuna in treno. Non lasciarla fuggire perché non tornerà mai più!».
Alberto si impressionò, lo attraversò una frustata di paura. Nel pronunciare quelle parole il volto della donna si era trasformato: sembrava essere ancora più incavato con i grandi occhi fuori dalle orbite, profonda la voce, la pelle ancora più rugosa.
Stette in silenzio per diverso tempo per smaltire l’urto sibillino, poi si alzò per andare a cercare una ritirata. Quando tornò indietro la donna non c'era più. Il treno non si era fermato in quel lasso di tempo ma l’anziana signora era sparita. Finì il viaggio intimorito.

Ora si trovava di nuovo a vivere una strana situazione. Sembravano storie di fantasmi di donne. E a questo pensiero Alberto ebbe lo spirito – è proprio il caso di dirlo – di sorridere. Se conoscere quella donna sarebbe stata la sua fortuna chi poteva dirlo? avrebbe dovuto comportarsi in maniera diversa? aveva sbagliato a dare ascolto all’amico psicologo?
Il destino aveva voluto così: ma gli davano fastidio le parole di rinuncia e di rassegnazione.
Alberto continuò a cercarla sul treno e in stazione. Si voltava indietro sperando di vederla apparire all’improvviso ma della donna somigliante all’attrice d’Oltralpe nessuna traccia, nemmeno l’ombra.
La fortuna non era stata colta e non sarebbe più tornata? ancora una volta una misteriosa donna fuggiva, come un treno ormai perso per sempre. Per sempre? La domanda gli servì per non perdere completamente la speranza.
«C’è solo un attimo tra il passato e il futuro, e proprio questo attimo si chiama vita. Vita, io ti amo e spero che questo sentimento sia reciproco». Così cercò di infondersi coraggio, frugando nelle parole di passate letture1 e lontane canzoni2.

1 Leonid Derbenev
2 Eduard Kolmanovsky