sabato 6 marzo 2010

ANCHE SE LONTANO ANCHE SE MAI di Anna Profumo

«Alors, qu’est-ce qu’on fête?».
«Oui, la surprise, c’est quoi?».
Mi chiamo Libera Liberati ho sempre pensato si debba conoscere la lingua del paese che stai per visitare, ma come al solito a pochi giorni dalla partenza finisco per ascoltare qualche cd per familiarizzare con i suoni. Spengo il lettore prima di fermare, chiudere l’auto e scaricare le due valige. Li ho conosciuti un anno fa', per mesi ho cercato di capire se fidarmi. Pensavo e ripensavo ad alcune frasi ascoltate al loro corso, del tipo: “Muoversi nel mondo con un progetto vitale da realizzare che và al di la della riuscita, seguendo le proprie aspirazioni e utilizzando le nostre capacità e la nostra creatività, l’esprimersi nel mondo ci porta ad avere una sensazione di crescita”.«Al di la della riuscita. Si bravi, e la produttività, il guadagno?»“Agire coerentemente più che un fatto è un intenzione, il si interno è quella fede profonda che il cambiamento è possibile, è l’apertura del futuro, è la voglia di mettere in moto azioni che partono da me e terminano in altri”.«Si, si bravi, e la competizione?».“ripartire dalla base della società, ricostruendo il tessuto sociale … il principio base è solo i popoli possono dare soluzione ai problemi dei popoli … non si tratta solo di portare aiuti, ma di rendere in primo luogo coscienti gli individui di quale sia la causa del loro malessere, di fornire loro degli strumenti per risolvere le problematiche ed infine renderli autonomi nella gestione delle risorse ritrovate”.«Si, e tutta questa voglia di fare chi credete la abbia, meglio non pensare. Che film avete visto?».Volevo capire dove fosse l’inganno. Li ho seguiti, quest’estate, alcuni giorni in un campeggio a Vieste. Un campeggio dove il gruppo organizzava cene di autofinanziamento.«Fatemi capire, voi in vacanza passate la giornata tra supermercato, cucina e servizio ai tavoli, pagando anche un biglietto per avere la cena che vi siete sudati, ma perché?».Ho capito che un po' strani dovevano essere. La parola evoca e scava, qualcosa stava accadendo.“… chi riceve aiuto si impegna a sua volta a darlo ad altri”. Un circolo virtuoso di reciprocità. Il fuoco sacro su queste parole si è acceso per autocombustione, avvertivo il mio ottimismo avvilito produrre un nuovo palpito.Oppure sarà perché con loro ho visto il documentario di Giuseppe Carrisi “Kalami va alla guerra”.Documentario su bambini e bambine soldato in Africa, da vedere più che raccontare. E’la storia di tanti bambini, alcuni di loro oggi adulti per cui non si può più far molto è la storia di altri bambini che stanno vivendo e subendo le stesse cose è la storia di bambini che passano dodici, quattordici ore in miniera calandosi in cunicoli a due chilometri sottoterra a cinquanta centesimi al giorno per estrarre l’eterogenite, materiale strategico che serve a realizzare batterie al litio per i telefoni cellulari e i portatili.Nessuno è disposto a rinunciare al progresso ma bisognerebbe aver consapevolezza dello spreco, delle vite disumane a cui questi bambini ignari sono costretti dal nostro desiderare. Dovremmo saperlo tutti evitare di cambiare il cellulare che funziona per l’ultimo modello uscito. Giuseppe Carrisi è schietto guarda dritto negli occhi, brusco al punto da ricordarti: “una volta che sai, devi fare qualcosa, non puoi più tornare nella tua casa e far finta di nulla”.E’un punto di non ritorno, una volta che sai rischi davvero l’asfissia.Sei consapevole che non ci sono segreti ne eroi, volersi sentire essere Umano al momento giusto, nulla di più ma non è la cosa più facile.
Credo, per ognuno di noi, ci sia un giorno nella storia personale che segna questa differenza, aver l’intuito ed agire segna la linea di demarcazione tra il prima e il dopo.Ieri sera eravamo a cena noi e Babacar, infermiere senegalese. Lui dice che non torna a casa da un anno, racconta che quando arriva a Dakar prende un mezzo e si fa' accompagnare fuori città, prende un calesse e non si ferma fino a che non sente il profumo della campagna, scende e prende tra le mani la terra, solo allora è sicuro di esser tornato a casa.Dice anche che prenderà la patente in Italia, adesso anche gli indiani prendono la patente e lui non vuole continuare a girare in motorino, con queste parole tradisce la competizione tra i popoli migranti. Noi ridiamo.Ci sono giorni in cui una persona sente di fare la cosa giusta e sa che domani sarà diverso, ci sono diverse prove in una vita, ma anche diverse nascite.Mi chiamo Libera Liberati oggi, domani è il giorno del mio compleanno mi sveglierò in Senegal.Percorro il tunnel di imbarco che unisce la pancia dell’aereo all’aeroporto, mai ho sentito così forte “il giusto della vita”.

5 commenti:

  1. Grazie.
    Grazie anche a Paola per la bella illustrazione.
    Grazie per le copie che mi state tenendo da parte =)

    Non vedo l'ora di vedere il racconto di Paola qui su questo blog ... tenetemi una copia del giornale quando uscirà ... ci vediamo presto

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  2. E' stato un vero onore poter illustrare il tuo bel racconto: queste collaborazioni sono sempre molto intense, mi danno parecchie belle emozioni.

    Ti teniamo le copie del giornale. A presto!

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  3. dire che è autobiografico è poco :) bello, soprattutto dopo aver visto anche le foto :)

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