venerdì 19 marzo 2010

NIAGARA FALLS (OMAGGIO ALL'ACQUA) di Matteo Ninni

Richy convinse velocemente sua moglie Lara che un viaggio alle cascate del Niagara avrebbe fatto appassire dall’invidia i vicini. Gli bastò descrivere la polaroid che qualche fotografo ambulante avrebbe scattato per loro: due sorrisi imbarazzati appoggiati su camice colorate e sullo sfondo il grandioso scenario dell'inferno di acqua, spruzzi e fresca nebulizzazione. Lara evaporò in una smorfia forzata, abbracciando il proprio uomo con una stretta plastica. Restò finché poté in quella posizione, rimanendo a fissare il percorso di una lacrima che, con brusche frenate e improvvise accelerazioni, precipitava lungo la camicia color verde mare dell’uomo che tradiva. Lui, invece, il cui padre fu un fulgido esempio di quanto era giusto concedere alle donne, si divincolò a fatica dalla morsa e uscì a bagnare il giardino.Fuori, oltre la siepe d’alloro, stava la famiglia di vicini nel pieno esercizio domenicale di ogni singolo ruolo: Elio, il capofamiglia, armeggiava con il nuovo impianto d’irrigazione; Sonia, donna di casa e postina part-time, valutava pesi e contrappesi di un vassoio colmo di bibite e bicchieri che stava per appoggiare sul tavolo di cemento, sotto il gazebo; Katya, (detta pussy cat tra gli amichetti del college), sdraiata al sole, si spruzzava acqua in faccia, dondolando la testa al ritmo di musica giovane; Robertino, sdraiato sul prato, osservava rapito Beep, cane a tre zampe per la disattenzione di Elio nel tagliare il prato, impegnato a placare la sete con il muso immerso nella ciotola.
- Come sta? - chiese Richy dalla siepe, indicando con il suo muso la bestiola.
- Imparerà a fare il triciclo. Sono bestie versatili che si adattano alle vicissitudini. Sono cani, per dio –
Sonia osservò il marito e provò una tristezza profonda. L’atteggiamento con cui rispondeva a Richy, senza neanche guardarlo in faccia, era esattamente come la scopava a letto, ogni mattina, tenendo la fronte sul cuscino e asfissiandola con l’acqua di colonia appena schiaffeggiata sulla pelle arrossata dalla rasatura. Richy annuì, cercando, senza trovarlo, lo sguardo di Sonia e dentro di sé urtò contro lo stesso odio che, con fatica, aveva represso due minuti prima abbracciato a sua moglie. Poi raccolse la canna dell'acqua e acceso il rubinetto si mise a erogare il giusto rinfresco alla sua piccola proprietà, costata quel che gli era costata.
L’acqua fresca sui piedi lo fece stare meglio.
Quella sera il buio scese presto. Un grosso temporale pareva galoppare da Est, rincorrendo le ultime ore di sole.
Lara e Richy cenarono in fretta e lui, con la maglietta macchiata di salsa, passò dal tavolo direttamente alla poltrona, perché era sabato ed era giorno di Anticipo. Il calcio gli piaceva, perché era l’unica cosa che non aveva mai smesso di pompargli adrenalina.. A Lara invece piaceva la tv perché era come sbirciare dalla tenda della doccia e una sera, parlandone tra di loro, conclusero che la morbosità di spiare e osservare gli altri era un bel valore comune a ogni ambito, intimo e sociale.
Alla fine del primo tempo Richy si finse addormentato e Lara ne approfittò per uscire.
Lampi sempre più vicini tinteggiavano il cielo in fondo alla strada mentre il vento raccoglieva le foglie in cumuli ben allineati. Le bastarono pochi isolati prima di trovare Elio. Era con Beep e incontrarli non fu un caso.
Sonia stava alla finestra dello studio con le braccia conserte e sapeva benissimo dove fosse il marito, con chi e quanto tempo sarebbe stato via. Così le bastò attraversare la siepe d’alloro per gettarsi sulla poltrona con Richy che non seppe trattenersi dal rimproverarle il ritardo.
La donna, mentre subiva la sculacciata, fissava la moquette chiara e non poté notare, oltre la finestra, la siepe e il suo giardino, Katya detta pussy cat, calarsi dalla grondaia di casa. Atletica ed emancipata, arrivata a un metro da terra saltò sul prato ben curato, poi slanciò le braccia verso il cielo, aspettando le scarpe con i tacchi che il piccolo di casa, educato all’omertà fraterna, stava per lanciargli. E così, calzate le ali che spingono in alto, Katya sparì dentro l’auto dai vetri opachi di un figlio di papà parcheggiata sul lato opposto della strada.
La pioggia cominciò a scendere dopo il secondo grosso tuono, improvvisamente e con forza, tanto che a Lara, abbracciata a Elio, venne in mente Richy, l’idea del viaggio alle cascate del Niagara e l’invidia della gente per le coppie sorridenti in mezzo all’acqua. Non ebbe vergogna a piangere ancora, abbracciata a un altro uomo, perché quella era gioia ed era giusto lasciarsi andare. Rise spontaneamente quando Elio, con poesia, le chiese di continuare a piangere, che quella era acqua benedetta e, trasportata dalla pioggia per grondaie, strade e reflussi, avrebbe reso il mondo migliore.
L’intensità del temporale sembrava intenzionata a stabilire il record di precipitazioni. Pozzanghere nere, abbagliate dai lampi, circondavano i marciapiedi, i nani da giardino, le tre zampe di Beep, in una notte che pareva volesse simulare un bombardamento della Nato. Il cane, libero dal guinzaglio e imbarazzato dal livello dei bipedi presente lì attorno, decise di tornarsene a casa da solo, lungo i marciapiedi già spazzati dall’urina. Soffriva della mancanza di Robertino e ne desiderò il suo odore e il tono tranquillizzante della sua voce.
Richy e Sonia, già dopo il secondo tuono, si erano precipitati in giardino. Ridevano ad alta voce, potevano farlo quella sera, perché tanto il frastuono del temporale su tutto il mondo visibile riusciva ad insonorizzare ogni cosa: sensi di colpa, euforia repressa, aria nell’intestino. Si rincorsero sull’erba, scivolando come bambini, trovandosi a terra, una sopra l’altro, poi ripresero a correre, per strada, calciandosi l’acqua addosso, zigzagando tra le auto a passo d’uomo.
Con velocità stupefacente, nel frattempo, l’acqua stava coprendo tutto, mandando fuori orientamento le due coppie di amanti. Sparirono i volumi delle cose, i sussurri della notte, la luce dei lampioni. Venne il black-out e fu buio vero, come quando si dorme e ogni pulsione esce allo scoperto e l’udito genera falsificazione della realtà. Ma solo Robertino realmente dormiva e sognava che a Beep stesse crescendo la zampa nuova. La vedeva allungarsi, prendere forma, riempirsi di peli, tranne che sui polpastrelli. Sognò fino a quando non sentì grattare alla porta. La tempesta terminò che era quasi mattina ed era l’alba quando Katya scese dall’auto con le mutandine nascoste nel pugno. Trovò i quattro adulti fuori nella via, davanti alle loro rispettive case, gesticolanti senza troppa foga e con gli indumenti fradici. Un albero si era abbattuto sulla casa di Elio e Sonia, proprio dove Robertino e Katya pussy cat avevano la cameretta. Il bimbo stava seduto nel prato e osservava Beep dormire sotto il tavolo di cemento.
-È piovuto - disse agli adulti – Beep è tutto bagnato, l’avevamo lasciato fuori. Abbaiava e sono andato ad aprirgli.
Patsy si avvicinò al fratello e toltasi le scarpe gli si sedette a fianco.
Richy, Elio, Sonia e Lara si misero da parte. Un mezzo dei vigili del fuoco aveva bisogno di spazio per parcheggiare e incominciare le operazioni di ripristino dell’area. Erano arrivati i pompieri. Tutto sarebbe tornato come prima.

8 commenti:

  1. Ben arrivato Matteo!
    Ho letto tutto d'unfiato il fluire delle tue parole.
    ... mi piace il tuo racconto!

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  2. a me è piaciuto, intenso, il rapporto tra gli amanti, quello con i figli, mi sono vista scorrere il film "america oggi" di Altman. curiosità: perchè ambientato in america?

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  3. E' proprio una delle cose che vorrei cambiare.
    E infatti stona un po' leggere di college e di un fratellino di nome Robertino. Che nome del cacchio è?!
    Mi è venuto di botto e non sono stato troppo a razionalizzare su quello che stavo scrivendo.
    E in fase di rilettura non mi dispiaceva l'ambientazione, così l'ho lasciata. Ma quel Robertino ce l'ho qui...
    America oggi? Wow!
    grazie.

    matteo

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  4. non lo so, è vero che l'ambientazione crea subito distacco al lettore, ma alla fine forse è il suo bello, perchè si legge come fosse una carrellata cinematografica. alla fine c'è il coinvolgimento emotivo per la storia dell'albero e pensi...oddio adesso chi ci ha rimesso è questo povero Robertino! Invece ecco nuovamente un cambio sul bambino vivo e il cane che rende ancora più amaro il quadretto finale. insomma bravo, io forse cambierei solo il nome del bambino :)

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  5. matt,
    oggi è uscito sul giornale
    ( ti prendo una copia)
    se vuoi rivederlo per la antologia
    che vogliamo praparare per giugno
    vai tranquillo.
    ciao... :)

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  6. Daniela ha ragione, il tuo racconto mi ricorda alcuni racconti della scrittrice americana A.M.Homes che mi ha fatto conoscere carlo Miccio o per qualche verso quelli di Breece D'J Pancake che mi ha fatto conoscere Riccardo Pompili della Libreria Le Nuvole, quando ancora c'era.

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  7. Conosco come scrive Matteo Ninni. Anche a me avrebbe ricordato, se non lo stile, il raccontare in particolare le storie socio-familiari di qualche scrittore o regista. Il racconto mi è piaciuto nelle digressioni, quando vengono descritti gli ambienti, il mondo dove vivono i numerosi protagonisti. Gradevole ma con piccole, secondo me, stonature o meglio collocazioni che mi hanno fatto stoppare e riflettere durante la lettura. Oltre ai nomi, quello che mi ha creato disorientamento è la collocazione della storia: in villette a schiera in un centro della campagna di Brianza o in qualche paese di praterie oltreoceano? Perché i movimenti, certe abitudini (quei barbecue) sono più di altri paesi che nostrane. E’ vero che anche noi (1° maggio e Pasquetta) abbiamo l’abitudine di andare ‘fuori porta’, di accendere fuochi e poi lasciare cassette, buste e bottiglie di plastica in giro e appese ai rami di pini mediterranei(nemmeno fossero alberi di Natale) ma non ci muoviamo, mi sembra, con lo stesso fermento probabilmente, credo, dovuto al numero dei personaggi e alla schiavitù delle esigenze editoriali.
    Approfitto per un saluto all’autore…

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