venerdì 18 giugno 2010

ALDUCCIO di Aldo Ardetti


Se non avete fretta di voltare questa pagina vi racconto una bella favola, la favola di Alduccio.
Succedeva che metà foglio lo colorava di verde e l’altra metà di azzurro: la terra e il cielo. Per questa preparazione, che rappresentava l’idea di base, consumava metà dei rispettivi colori pastello. Non mancava qualche nuvoletta bianca e un sole che riscaldava il pianeta coi suoi raggi che toccavano la terra. Più in basso due alberi verdi e un viottolo che arrivava proprio davanti all’uscio di una casa col tetto rosso, due finestre (proprio ai lati della porta di ingresso), un camino che fumava – però in un’altra stagione – quando c’erano nuvole grigie e il sole con fatica faceva capolino e il prato era pieno di fango e gli alberi spogli: rami nudi che sembravano braccia imploranti levate al cielo. Così riempiva il foglio Alduccio quando aveva estro artistico – diciamo quando ne aveva voglia. Gli piaceva disegnare: lo stesso soggetto in stagioni diverse. Non era interessato alle altre materie e la scuola l’avvertiva come una costrizione perciò continuava a portare a casa note e brutti voti. I genitori, che erano stati invitati diverse volte per un colloquio, non sapevano più che pesci prendere, a che santo votarsi, come far capire al loro figliuolo l’importanza della scuola, l’importanza della conoscenza per affrontare la vita. Soprattutto il padre aveva perso la pazienza e, nonostante la giovane età del figliolo, decise di prendere provvedimenti drastici: l’avrebbe portato a lavorare con sé per fargli conoscere la fatica.
L’uomo era un giardiniere molto conosciuto e stimato per la sua bravura. Inoltre aveva le mani d’oro che gli permettevano di svolgere altri lavoretti per far vivere dignitosamente la famiglia.

“Alduccio, svegliati, è ora di alzarsi!” urlò il padre avvicinandosi alla testa poggiata nell’accogliente e caldo cuscino. Il ragazzino si girò lentamente stiracchiando le braccia e sbadigliando vistosamente.
“Buongiorno babbo.”
“Si fa colazione e poi si va. Dovrebbe essere una bella giornata!”
Alduccio assentì con la testa e con un “Va bene” bugiardo.
Uscirono di casa e sulla faccia e alle narici arrivò l'aria pungente ch’è delle prime ore del mattino. Il giovane seguì il padre su per la salita della collina che, di minuto in minuto, diventava sempre più erta. Intorno regnava il silenzio totale: un silenzio che cominciava a dare fastidio. A testa bassa tirava dietro i passi del genitore. Aveva voglia di fare tante domande ma con la coscienza ferita ci rinunciò con la convinzione che, quando commetti un errore, quando non ti comporti bene, non hai più diritti compreso quello di chiedere…
Superato lo sperone di una curva, di quella che era poco più di una mulattiera, vide in lontananza, su un rilievo roccioso, un grande casale. Sembrava un piccolo castello. Rimase per qualche attimo a bocca aperta, poi lo sguardo del genitore lo sollecitò a proseguire.
Incontrarono uomini intenti ai lavori nei campetti del bassopiano che conoscevano da tanto tempo il giardiniere al servizio dei padroni della zona e non chiesero spiegazioni sul piccolo accompagnatore ancora tramortito dal sonno e con l’andatura dimessa. Sapevano che si trattava di scuola di vita, un metodo adottato da tutti con i propri figli e nipoti quando dimostravano, seppur piccoli, eccessiva mancanza di impegno e responsabilità.
Arrivarono in quella grande casa sulla cima del monte. Attraversarono un grande cortile interno; infine raggiunsero un meraviglioso giardino, orgoglio dei padroni e del giardiniere che da anni curava con amore e professionalità.
Alduccio non aveva mai visto un giardino protetto da una recinzione così singolare: un muro altissimo; sembravano mura di una cinta difensiva ma senza i merli e il parapetto che serviva a proteggere i soldati di vedetta sul cammino di ronda. Non trovava nessuna spiegazione, nessun motivo razionale mentre la curiosità lievitava: perché un muro così protettivo, cosa c’era dall’altra parte?
Il perimetro delle mura di cinta non poteva essere aggirato perché tre dei quattro lati – i lati che guardavano la valle – poggiavano precisi sul bordo di un precipizio. Allora si mise a studiare la situazione dall’interno.
Essendo molto antiche, le mura erano larghe e irregolari e, in alcuni punti, le pietre erano consumate, senza calcina e franate. Pensò di allargare una falla fino ad ottenere uno spiraglio. Ci mise qualche giorno ma riuscì nell’impresa giacché al padre non interessava tanto quello che faceva, quanto l’essere sacrificato a stare in quei luoghi per tutto il giorno dovendo capire il sacrificio, sapere che per ottenere uno è necessario dare mille.
Alduccio riuscì a bucare la parete e vide quel foro pieno di celeste, il colore del cielo. Mentre nelle orecchie sentiva il rumore del tagliaerba e il pensiero andava ai padroni di quella specie di maniero – che non avevano, per la verità, una buona reputazione – lentamente si avvicinò alla parete non senza provare disagio e timore. Quando iniziò l'impresa si preoccupò di non sporcarsi troppo e soprattutto di non ferirsi. Non ebbe la curiosità compulsiva di guardare subito oltre.
Nonostante l’imperfezione del foro riuscì a infilarci dentro la testa compreso il collo. Quello che sembrava l’azzurro del cielo si scoprì un riquadro con una cornice fatta da un leggero velo di nebbia –come un passpartou. Fu allora che il silenzio fu riempito da una voce lontana che gli sembrò riconoscere: era la voce del suo maestro che spiegava alla classe, ai suoi compagni. Il suo banco era vuoto: risultava assente. Allora sentì gonfiarsi le vene del collo e il respiro farsi difficoltoso. Subentrò l’affanno fisico e un disorientamento generale. Avvertì un senso di colpa fargli compagnia e il piccolo cuore subire un dolore inusuale. Non aveva mai sofferto di aritmie, per quello che ne poteva sapere o capire. Si sentì un estraneo per i suoi compagni che adesso considerava fortunati, felici di imparare stando insieme. Lentamente l’immagine andò dissolvendosi e mai si sentì più solo.

Fu svegliato, madido di sudore, da una mano che gli scuoteva la spalla.
“Alduccio, svegliati, è ora di alzarsi” urlò la madre premurosa.
Fece colazione con gusto e appetito, poi preparò la cartella e salutò mentre si avviava alla porta.
Prima di uscire si voltò e gli scappò un sorriso che non seppe trattenere e che la madre raccolse con soddisfazione e affetto.
Il ragazzino era rasserenato, aveva fatto un brutto sogno, ma aveva capito. Era contento di tornare a scuola, ci tornava come non era mai successo, con entusiasmo. Quel giorno il maestro avrebbe spiegato tante cose interessanti.

13 commenti:

  1. Che tempestività! Mi piace questo battesimo... favolistico e, speriamo, favoloso :-)

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  2. bhe! a non andare fuori a pranzo con i colleghi ... ci guadagno una favola!

    Bella favola. Dalla morale attuale scritta con i canoni della favola della tradizione.
    Forse la differenza tra l'attuale ed il tradizionale, è solo il tempo?
    =)
    per me ... degna di trovarsi nella raccolta di favole di Calvino

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  3. "per me ... degna di trovarsi nella raccolta di favole di Calvino"
    Mamma mia: grazie grazie Franca!
    Bella 'sta versione biblioteca

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  4. allora partiamo con la raccolta di favole?...:)
    io ne ho già 4 o 5

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  5. la favola di Aldo mi è piaciuta moltissimo, sopratutto l'incipit, "Se non avete fretta di voltare questa pagina vi racconto una bella favola, la favola di Alduccio.
    Succedeva che metà foglio lo colorava di verde e l’altra metà di azzurro: la terra e il cielo"
    che mi ha preso subito, piena di aspettative. volevo sapere i significati della divisione a colori del bambino, come suddivideva la vita.fino alla fine ho seguito l'ansia del protagonista, ma nn posso accettare che tutto finisca in un sogno "madido di sudore". :)

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  6. @Aldo...
    ma comè? grazie grazie Franca!

    ? ... ma chi è franca?
    =)

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  7. @Anna: mi devi scusare: ho ringraziato Franca e non te. A una certa età può succedere, credimi :-)
    Ma quanto ti voglio bene...

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  8. Intanto leggo che una certa idea è piaciuta. Grazie Daniela per aver colto l’intenzione.
    La pagina divisa a metà con due precisi colori ha il sapore del significato della vita: la speranza (il verde) che non deve mai mancare e il futuro (celeste) che l’uomo anela di raggiungere, meta per elevarsi e non solo come luogo di salvazione. E saranno i colori della storia di Alduccio: resterà con i piedi per terra ma capirà che è ora di guardare in alto, all’azzurro del cielo.
    Le aspettative sono mostrate in uno stato psichico durante il riposo fisico, quando il soggetto deve fare i conti con un ambiente che lo aiuta a comprendere ciò che non ha mai compreso nell’ambito dei ripetuti consigli familiari.
    Ma il nodo di tutta la favola è proprio l‘Alduccio “madido di sudore”: hai colto il risultato fisiologico dell’allegoria, il risultato di un vissuto, seppur nel sogno, necessario ad una mirata e precisa comprensione del bene. Il proprio bene con la soddisfazione del giardiniere e consorte.

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  9. è troppo facile per Alduccio (e per chiunque)trovare risposte nei sogni, ancor più in forma di sogno letterario. scusa nn ce l'ho con te personalmente, ma con l'idea che del sogno che risolva un racconto in finale.
    p.s nn sai quanti ne ho fatti, di sogni e di...racconti :)

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  10. Aldo, sul Territorio è uscita una bellissima pagina con il tuo racconto e la foto delle matite. E'tornata l'immagine!!!!!!

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  11. @Daniela: I sogni e i desideri sono necessari anche quando non si riesce a realizzarli e intanto aiutano a proseguire... Chissà che quei tuoi racconti non siano i migliori?
    A insistere, certi sogni si realizzano. A me personalmente qualcuno si è concretizzato...
    @Franca: Della pagina ho avuto conferma dalla... Patria...

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