sabato 5 giugno 2010

QUESTIONE DI LINGUAGGIO di Pasquale Bruno Di Marco


“0100101001… una serie infinita di linguaggio binario. Lo schermo visualizza niente altro che scelte non rinviabili. O 0 o 1, o sì o no, tertium non datur come diceva il prof di latino. Il computer non ragiona, decide. Le sfumature sono solo l’illusione suggerita da migliaia di sì e migliaia di no che compaiono sullo schermo ad ogni colpo di mouse. Un universo inequivocabile.”
Così pensa Walter mentre spegne il pc.
Domenica mattina. Uscire. C’è il mercatino in piazza. Come vestirsi? Pantalone corto con tasche o quello lungo e zainetto a tracolla. Scarpe o sandali? T-shirt o polo? Tre cambi in rapida successione fino a che, più che altro per stanchezza, rimane in sandali, polo blu e pantaloni con le tasche. Ma anche zainetto. Esce, chiude la porta. Riapre, posa lo zainetto e prende il cappello. Chiude. Riapre. Ha scordato il cellulare.
Sole che picchia fuori, bello. Caffè. Il bar vicino casa o quello in piazza? Sms di Saverio. Lo aspetta al bar centrale.
C’è Lorena. Adora Lorena. Bel sorriso invitante e belle gambe. Simpatia reciproca e battute inevitabilmente sbagliate. “Questo non lo devo dire”. Il tempo di formulare il pensiero e subito la lingua parte in quarta. Frustrante.
Eppure in chat Walter si trova perfetto. Brillante, autoironico senza strafare, tempi giusti per piccole allusioni, riesce a reggere il gioco del contrappunto leggero, brioso, divertente. Con la tastiera davanti si sente sicuro. È il suo piano di appoggio per staccarsi in voli pindarici o, in caso di emergenza, la zattera di salvataggio sempre pronta. Senza tastiera è il naufragio.
Una sera, casualmente in una chat per iniziati, qualcuno accenna ad un progetto top-secret. Una misteriosa Agenzia cerca soggetti disposti a sottoporsi ad esperimenti per la creazione di un vero e proprio ibrido: una fusione tra uomo e computer. E’ la soluzione!
L’indirizzo corrisponde ad un club privè nel cuore del quartiere storico della città. Dopo aver fatto la tessera di prammatica, Walter entra e, come gli è stato detto, segue le frecce dipinte a terra che lo conducono nel retro. Una porta scorrevole azionata automaticamente lo lascia entrare in un ambiente dominato dalla luce bianca e netta dei neon. Gli viene indicata una stanza dove attendere. Dieci minuti ed entrano ridendo due individui pingui e paffuti. I due si siedono e, mentre uno apre un pc portatile, l’altro comincia a squadrarlo come volesse soppesarlo.
“Bene. Come lei sa già, il nostro obiettivo è quello di installare questa nuova tecnologia di bio-hardware nel corpo del soggetto, trasformandolo in una specie computer umano. Il suo corpo sarà indotto, tramite appositi stimoli, a sviluppare collegamenti nervosi così che potrà interagire con il suo bio-hardware dando direttamente ordini dal cervello.”
“Niente più tastiera, niente mouse e roba varia?”
“Nulla. Il cervello del soggetto interagirà direttamente con il cervello artificiale. Avrà la connessione internet 24 ore su 24 del tipo flat e porte USB installate sotto le unghie dei pollici e un telefonino ultima generazione in omaggio. Una nuova frontiera, eccetera eccetera e tutte quelle belle cose che si dicono in queste circostanze. Chiaro?”
Il sorriso con cui Walter aveva seguito tutta la spiegazione si rabbuia all’improvviso:
“Ma non è che in realtà voi volete trasformarmi in un burattino comandato a distanza?”
I due uomini di fronte a lui si guardano per un momento negli occhi e poi esplodono in una risata.
“Ma lei è uno spasso! Lei saprà che ormai per gli enti pubblici è d’obbligo l’autonomia, e anche per quelli poco pubblicizzati, come noi, devono saper gestire e investire. Quello che ci interessa è testare questa tecnologia per poi metterla in commercio. Ma ha un’idea di quanto varrebbe un affare del genere?”
“No.”
“E comunque le rendo noto quelli che dice lei li abbiamo già. Mai visto quei signori vestiti di nero con occhiali scuri e auricolare? L’auricolare è in realtà l’antenna con cui li controlliamo. Anzi, ogni tanto per combattere la noia, ci divertiamo a farli prendere a schiaffi da soli o a farli vestire da donna.”
“Marescia’,– interviene il dattilografo da portatile – l’altra sera stavo seguendo sul monitor proprio quello che si mette i vestiti della moglie. Ho pensato che avevamo lasciato il remote-control acceso, vado controllore e invece era spento. A quello, marescia’, ci piace proprio.”
“Vabbuo’ Gargiulo, ma ora torniamo a noi. Da domani cominceremo e la sua vita cambierà. Il suo nome in codice è Commodare 64. Chiaro? ”

Due mesi dopo Walter è un uomo felice e sicuro di se, anzi è più che un uomo, un uomo-computer e qualunque problema lo affronta senza più imbarazzi. Ogni questione è analizzata con un programma adatto e la decisione è immediata. L’Agenzia lo ha esibito in riunioni aperte soltanto ad un pubblico selezionato. Ci sono state molte prenotazioni. Peccato che l’aggiornamento del software avvenga attraverso delle supposte di bio-hardware piuttosto consistenti.
Anche nella vita privata è un successo. Con Lorena riesce a comportarsi con la stessa sicurezza e padronanza che aveva nelle chat e ormai sono coppia fissa. Affascinata dalla sua velocità di scaricamento di file musicali e cinematografici da internet, mentre fanno l’amore, Lorena può usare i suoi capezzoli come i comandi di un iPod. Walter è davvero un uomo felice.

Sei mesi dopo i viaggi per le performance sono molto diradati. Anzi da un mese non viene più contattato. Quando qualche programma si impalla e cerca di contattare l’agenzia lo fanno attendere in linea sempre più tempo. Oggi due ore e poi la linea è caduta definitivamente. Walter, esasperato, si reca nella sede del primo incontro. Entra deciso, si dirige nel retro e tenta di azionare la porta scorrevole ma inutilmente. Urla, batte i pugni e prende a calci la porta. Improvvisamente i pannelli scorrevoli si aprono mostrando due individui vestiti con un completo scuro, occhiali da sole e auricolare. Uno porta scarpe da donna. Walter capisce al volo e si precipita fuori di corsa.
Proprio sull’ingresso urta qualcuno che stava entrando. Finiscono a terra, l’altro impreca: è Gargiulo, il dattilografo del primo incontro.
“Gargiulo, sono io mi riconosce?”
“Ma sì, sei commodore 64! Tutto bene ?”
“No, non va affatto bene. E’ una tragedia. Il bio-hardware non c’è la fa quasi più. Se apro un programma di grafica, mi devo sedere altrimenti svengo. Ho paura di scaricare nuovi aggiornamenti. E se mi impallo definitivamente?”
“Avete chiamato l’assistenza qui dell’Agenzia?”
“Non mi danno più retta. All’inizio tutto bene. Ma ora prima prendono tempo, lasciano cadere la linea e non mi rispondono più.”
“Capisco, ma non posso aiutarla. A me e al maresciallo ci hanno spostato in un altro reparto. Volevano rivedere il progetto.”
“Rivedere il progetto? Ma non eravamo all’avanguardia, il bio-hardware, le nuove frontiere ecc. ecc.?”
“Certo, sempre il bio-hardware, ma lei è impostato con un’architettura di tipo binario, 01010101, e ha la CPU che lavora in modo sequenziale, giusto?”
“Giusto, e anche un hard disk interno da 1.000 gigabyte”
“Il progetto bio-hardware adesso è stato reimpostato diversamente. Il linguaggio non è più quello binario, ma è basato sul DNA e sulle sequenze dei nucleotidi A, T, C e G. Al corso di aggiornamento ci hanno spiegato che un centimetro quadrato di DNA può contenere quasi sei milioni di Terabyte di informazione. Quello che è stato installato in lei è, come dire? … una tecnologia obsoleta. Lei è un modello superato!”
“Come superato? Mi buttano via come una macchina rotta?”
“Tranquillo. C’è sempre rimedio. Le posso presentare un mio cugino che si occupa recupero di parti e…”
“Ma vuole smontarmi a pezzi? Questa è cannibalizzazione!”
“Ehhhh, cannibalizzazione, che brutta espressione. Lei, amico mio, è troppo drastico. Bisogna apprezzare le sfumature. Io preferisco dire recupero, riciclaggio, al limite di modernariato. Capisce? E’ tutta una questione di linguaggio.“

5 commenti:

  1. questo racconto "snellito": mi piace
    Questione stimolante quela della tecnologia che ci guida e dirige, sembra non se ne possa far più a meno.

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  2. Simpatico e bello. Ci fa rivivere i tutti i passi dell'indecisione giovanile e fotografa i tempi che non sono quelli charlottiani tra gli ingranaggi di una catena industriale ma quelli davanti ad una tastiera che può diventare ancora di salvataggio, appiglio, strumento di appoggio fino a sentirsi, nell'immedesimazione, quasi un Avatar quando si accenna all'ibrido.
    Alle generazioni future è pensato un futuro simile, un futuro, poi, non così tanto fantastico e immaginario? Non è un caso che, tante cose pensate nel passato, siano diventate vere, diventate realtà.
    Ma noi non vogliamo pensarlo.

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  3. La tecnologia a volte è un grande aiuto, leggevo di recente di impianti tecnologici che "riparano" circuito biologici danneggiati: restituendo la vista, l'udito la possibilità di deambulare.
    Non ci si rende neanche conto della grande libertà se non quando la paragoniamo a limitazioni

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  4. quante riflessioni, da leggere con calma e soppesare... :)
    grazie, anna e aldo

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