Nadjime spazza il pavimento della sua bottega fatta di pietra e assi di legno dipinte di bianco, anche se sa da sempre che è inutile: il primo cliente del mattino, aprendo la porta, farà di nuovo entrare la polvere del deserto; ed è in sua attesa che la vecchia Nadjime prepara i sacchetti con le erbe e gli infusi, sistema il banco, ordina le carte.
Nadjime ha novant’anni. La notte in cui nacque la luna era al culmine del suo splendore - così le raccontarono - anzi, era talmente luminosa che le streghe del villaggio pronosticarono senza esitazione che quella bambina avrebbe avuto il dono di vedere oltre, di vedere il mondo. Nadjime non diede mai troppo peso a quella profezia, tant’è che non vide mai oltre il proprio villaggio.
Essendo l’ultima di 13 figli e quindi colei che non si sarebbe sposata ed il cui nobile compito era accompagnare i genitori nella vecchiaia, dedicò l'intera vita ad aver cura della casa, dei genitori, delle sorelle da marito e della nonna che abitava con loro e che visse oltre cento anni; ereditò da quest'ultima la bottega del tè: una baracca di assi di legno che si trovava tra il villaggio ed il confine col deserto, laddove, ancora oggi, passano le rotte dei carovanieri. Mentre viaggiatori, mercanti e tuareg sostano acquistando o barattando cibi e mercanzie, sorseggiando tè alla menta e facendo riposare furgoni e cammelli, Nadjime legge loro ciò che è nascosto nell’anima e nel destino attraverso le carte e i disegni della sabbia del deserto: in molti sono tornati da lei, soprattutto per questo, oltre che per lo speciale tè alla menta la cui ricetta si tramanda di madre in figlia.Ognuno di questi, ritornando a casa, ha raccontato la storia di questa signora e la sua bottega è oramai nota a molti viaggiatori, tanto che talvolta giungono a farle visita governanti di paesi lontani, attori di fama mondiale, presentatori televisivi e rockstars, tutte persone che si illudono di trovare nel silenzio del deserto ed in una vecchia bottegaia che vende spezie, il segreto della vita, la saggezza.
Ciò che questa gente viene a prendere da Nadjime viene ripagato con le storie delle loro vite: attraverso i loro racconti Nadjime ha percorso le strade del mondo, attraversato mari, parlato altre lingue, toccato le nevi del Fuji ed i ghiacciai eterni dell'Himalaya, meditato con i monaci tibetani, sofferto per la guerra che dilaniava ora un paese ora l’altro; ha conosciuto l’aurora boreale ed il cibo vietnamita, indossato un kimono giapponese sorseggiando il tè alla maniera degli orientali (e non ha potuto evitare di pensare che fossero un po’ buffi), ha conosciuto il pensiero di filosofi e musicisti, ammirato i colori di un quadro di Monet e dei graffiti newyorkesi.
La geografia ed il cuore pulsante e vivo dell’intero mondo sono impressi nella sua mente, disegnati nelle rughe che le solcano il viso e le mani.Adesso, a novant’anni, sa che le streghe del villaggio avevano ragione: avrebbe visto oltre, avrebbe visto il mondo intero. Non è stata Nadjime, però, ad andare per il mondo ma il mondo a venire da lei, nella sua bottega del tè, al crocevia tra l’immenso, silenzioso deserto ed il caos delle grandi città.
Nadjime ha novant’anni. La notte in cui nacque la luna era al culmine del suo splendore - così le raccontarono - anzi, era talmente luminosa che le streghe del villaggio pronosticarono senza esitazione che quella bambina avrebbe avuto il dono di vedere oltre, di vedere il mondo. Nadjime non diede mai troppo peso a quella profezia, tant’è che non vide mai oltre il proprio villaggio.
Essendo l’ultima di 13 figli e quindi colei che non si sarebbe sposata ed il cui nobile compito era accompagnare i genitori nella vecchiaia, dedicò l'intera vita ad aver cura della casa, dei genitori, delle sorelle da marito e della nonna che abitava con loro e che visse oltre cento anni; ereditò da quest'ultima la bottega del tè: una baracca di assi di legno che si trovava tra il villaggio ed il confine col deserto, laddove, ancora oggi, passano le rotte dei carovanieri. Mentre viaggiatori, mercanti e tuareg sostano acquistando o barattando cibi e mercanzie, sorseggiando tè alla menta e facendo riposare furgoni e cammelli, Nadjime legge loro ciò che è nascosto nell’anima e nel destino attraverso le carte e i disegni della sabbia del deserto: in molti sono tornati da lei, soprattutto per questo, oltre che per lo speciale tè alla menta la cui ricetta si tramanda di madre in figlia.Ognuno di questi, ritornando a casa, ha raccontato la storia di questa signora e la sua bottega è oramai nota a molti viaggiatori, tanto che talvolta giungono a farle visita governanti di paesi lontani, attori di fama mondiale, presentatori televisivi e rockstars, tutte persone che si illudono di trovare nel silenzio del deserto ed in una vecchia bottegaia che vende spezie, il segreto della vita, la saggezza.
Ciò che questa gente viene a prendere da Nadjime viene ripagato con le storie delle loro vite: attraverso i loro racconti Nadjime ha percorso le strade del mondo, attraversato mari, parlato altre lingue, toccato le nevi del Fuji ed i ghiacciai eterni dell'Himalaya, meditato con i monaci tibetani, sofferto per la guerra che dilaniava ora un paese ora l’altro; ha conosciuto l’aurora boreale ed il cibo vietnamita, indossato un kimono giapponese sorseggiando il tè alla maniera degli orientali (e non ha potuto evitare di pensare che fossero un po’ buffi), ha conosciuto il pensiero di filosofi e musicisti, ammirato i colori di un quadro di Monet e dei graffiti newyorkesi.
La geografia ed il cuore pulsante e vivo dell’intero mondo sono impressi nella sua mente, disegnati nelle rughe che le solcano il viso e le mani.Adesso, a novant’anni, sa che le streghe del villaggio avevano ragione: avrebbe visto oltre, avrebbe visto il mondo intero. Non è stata Nadjime, però, ad andare per il mondo ma il mondo a venire da lei, nella sua bottega del tè, al crocevia tra l’immenso, silenzioso deserto ed il caos delle grandi città.