lunedì 28 settembre 2009
INVIA E RICEVI di Daniela Rindi
L’orologio appeso alla parete scarica i suoi secondi. Nella sala d’aspetto non c’è più nessuno. Sulle pareti stampe Impressioniste, probabilmente quelle regalate con l’inserto del quotidiano qualche anno fa. Il portatile aperto sulle ginocchia, in ricezione quarantasette mail. In fondo al corridoio sulla destra una scrivania e una segretaria, in quest’ordine. È attenta a scrivere su una vecchia agenda nera. Il computer, che pure esiste affianco a lei, è spento.
Elisa apre i messaggi di posta: pubblicità, inviti notifiche, eventi, richiesta d’amicizia, quasi tutta roba che arriva da FB. L’anti spamming non è sufficiente ad abbattere questo mostro. Di lui nessuna notizia. I lunghi capelli ricci le scivolano davanti al viso, nello scostarli si bagna la mano. Inizia a scrivere una mail, mentre il ticchettio dell’orologio a muro logora il tempo, oltre che l’anima. Entra una donna che saluta educatamente e si siede nella poltrona di fronte. Avrà una cinquantina d’anni, dieci meno di lei, è ben vestita e troppo truccata. I rossi capelli corti sono schiacciati da un cappellino, che sicuramente fa chic ma è demodé. Contenta lei.
È griffata dalla testa ai piedi, il mocassino Tod’s le fa pensare ad un grande prato all’inglese, a due Labrador, a una piscina rivestita di mosaici, a una cameriera filippina e ad un marito cornuto. Un’ ambientazione degna per quelle scarpe, dove le vede muoversi leggere, avidamente a loro agio. La signora prende elegantemente una rivista dal tavolino, accavalla le gambe e s’immerge nella lettura non degnandola di altri sguardi. Eppure ne avrebbe bisogno ora.
Sospende la mail e si connette a FB, ci casca sempre. Immagini, un capannone, una casa sul mare, applicazioni, scenografie, tavolate di amici, foto di bambini sorridenti. Sembra che le veda per la prima volta. Tira fuori un fazzoletto dalla borsa e si soffia il naso. Scrive sulla Bacheca: “Non è tutta colpa mia” e Condivide. Controlla nuovamente la posta, ancora nessun messaggio. Prende il cellulare in mano… nulla, scorre su Messaggi Inviati, rilegge mentalmente. Meglio Cancellare, Selezionare tutto e cancellare per sempre.
La signora di fronte alza finalmente lo sguardo su di lei, ma adesso è troppo tardi. Istintivamente fa ricadere i capelli sul viso.
«Scusi se mi permetto… va tutto bene?»
Le parole della donna la fanno sobbalzare, non se l’aspettava.
«Tutto bene grazie… »
«L’attesa non aiuta… »
«Già…» risponde ma una morsa le chiude lo stomaco fino a farle male.
«Io ci sono già passata. »
Continua la donna, a questo punto invadente.
«Anche io se per questo, ma ogni volta è diverso» risponde Elisa stizzita.
Riapre la mail e riprende a scrivere. Le sue dita affondano lente sulla tastiera, quasi pesassero tonnellate. Guarda ancora l’orologio, è solo passata mezz’ora. La segretaria ad un certo punto si alza, attraversa il lungo corridoio ed entra nella sala d’aspetto.
«Chi di voi è Paola. P.?»
Ma come, siamo solo noi due e non ha in mente i nostri nomi? Elisa si sofferma per un attimo sul pensiero dell’efficienza sul lavoro della maggior parte degli assunti a tempo indeterminato. La signora di fronte alza la mano come per rispondere ad un appello.
«Il dottore si scusa, ma non ha ancora ricevuto gli esiti dei suoi esami dal laboratorio e la prega di prendere un altro appuntamento.»
La signora con i capelli rossi, il suo ridicolo cappellino e la montagna di gioielli si alzano rumorosamente di scatto, afferrano la borsa e se ne vanno frettolosamente borbottando frasi incomprensibili tra i denti. Anche quelli finti.
La segretaria la guarda negli occhi e la segue impassibile. Per Elisa il dottore c’è, è pronto… almeno lui. Controlla ancora una volta la posta, nessun nuovo messaggio. Il cellulare tace. La porta dello studio si apre e appare un dottore in camice bianco, con occhialetti poggiati a metà sul naso, un piccolo binocolo sulla testa e naturalmente tutto abbronzato.
«Signorina S. , prego… si può accomodare.»
Elisa rimane impietrita sulla poltroncina con il computer ancora aperto sulle cosce. Fissa il dottore e il dito cala al rallentatore su Invia. Un attimo ed è fatta, una vita sparita, bruciata, cancellata. Chiude il computer e si alza.
«Al diavolo! Facciamoci questo Botulino… almeno sono dieci anni di meno!»
(pubblicato in data 28 settembre 2009)
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